COQUIO AL LAS di Manuela Vanoli

 

Adoro gli scultori, perché sono artisti ma anche artigiani, seguendo l’intero ciclo delle loro progettazioni. Li adoro perché, come gli scrittori, devono togliere e non aggiungere.            vanoli-1 vanoli-2Li adoro, infine, perché usano mani e cervello in eguale misura e questo, ve lo assicuro, non è frequente nelle persone che s’ incontrano al di fuori dell’ambiente artistico. Se volete verificare l’attendibilità della mia tesi, potete visitare la mostra di Alfredo Coquio al Las (lo spazio espositivo del Liceo di via Montepertico), una rassegna che terrà cartello fino al 29 settembre. Curata da Enrico Formica, con testi di Valerio Cremolini e foto di Pier Luigi Acerbi, questa bellissima mostra rende vivi blocchi di arenaria, di portoro, di marmo e di alabastro, in un percorso autobiografico che parte da lontano, ossia dall’infanzia di Coquio , dalle tasche piene di sassi che l’artista-bambino raccoglieva sul lungofiume. Bisogna essere solitari per creare capolavori. E ancora oggi, insegna lo scultore, dal fracasso del mondo ci si può proteggere in un cuore di pietra vezzanese, un luogo magico in cui dimora e studio si fondono se scolpire è un’esigenza primaria. Parla d’amore la mostra del Las, di quell’amore che vive e rende vivi senza ostentazioni. I baci al mare si scambiano fra gli scogli. I messaggi si incidono su piccole lastre che obbligano a piegare le lettere. E gli abbracci (è un abbraccio l’opera che io preferisco) sono scuri e morbidi come certe notti d’estate che fanno pulsare tutte le stelle.

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